Lei parla itang’liano?

    Mi ero ripromesso di non tornare sul tema delle parole inglesi usate per snobismo e spesso a sproposito in italiano, ma ho cambiato idea quando ho scoperto che c’è un libro che ha analizzato da questo punto di vista il linguaggio delle riunioni aziendali.

    Il libro si intitola Parlare Itang’liano e "itang’liano" è la lingua ibrida di coloro che danno l’impressione che si farebbero tagliare una mano piuttosto di rinunciare a usare le parole inglesi di moda nel gergo dei dirigenti aziendali — quelli che ritengono disonorevole essere "dirigenti" perché loro sono executives, managers, staff eccetera.

    Ebbene, una delle parole "inglesi" citate nel libro c’è la parola quorum, in espressioni come "raggiungere il quorum per la validità della seduta." E in altri contesti ho trovato che sono state considerate inglesi parole come sponsor e monitor. In altre parole, il vecchio latino, buttato via come un ferrovecchio, sta rientrando alla grande attraverso la lingua di moda.

    Un dizionario elettronico che ho consultato, alla richiesta di trovare le parole di etimo latino presenti in inglese ne trova 15120, e sono solo quelle nelle quali l’origine latina è più direttamente riconoscibile. Manca, ad esempio, la parola table che deriva dal latino tabula ma è entrata in inglese nel periodo medievale attraverso il francese table. Molte di queste 15000 parole hanno conservato la grafia latina senza alterazioni.

    La prima di queste che si incontra in ordine alfabetico è abacus, l’abaco per fare i calcoli. E’ una parola adottata come nome da varie ditte (solo a Milano ce ne sono cinque o sei) e non credo che sia stato per amore del latino.

    Per qualche tempo è stata pubblicata una rivista di divulgazione scientifica la cui testata era Genius. Nel primo editoriale il direttore diceva chiaramente che la parola latina era stata riportata a nuova vita dalla sua presenza nella lingua inglese.

    Un certo numero di questi vocaboli sono nomi neutri appartenenti alla seconda declinazione; terminano in UM al singolare e in A al plurale. I due più usati sono datum -a e medium -a. Per entrambi la forma plurale pronunciata più o meno all’inglese è quella entrata nell’uso italiano, rispettivamente per i dati elaborati da un computer e per i mezzi di comunicazione sociale; qualche volta li si trova usati come se fossero singolari — anche in inglese: Your data isn’t enough "i tuoi dati non sono sufficienti."

    Ancora sull"itang’liano"

    Ho detto più volte che stiamo cambiando la lingua italiana a causa degli influssi dell’inglese; ho fatto l’esempio dei profughi, che adesso si chiamano "rifugiati" per via dell’inglese refugees — e potrei aggiungere il fatto che nessuno prende più provvedimenti, ma tutti adottano "misure," dall’inglese measures che vuol dire "provvedimenti;" in inglese la "misura" nel senso di "misurazione" è measurement e nel senso di "taglia," ad esempio di un abito, è size: "Quell’abito non è della mia misura" That dress is not my size.

    In inglese l’ansia si chiama anxiety e oggi molti dicono "ansietà" quando in realtà vorrebbero dire "ansia." Un caso ancora più notevole è l’aggettivo "prospero," riferito ad esempio a un paese ricco. In inglese si dice prosperous a prosperous country e ora mi capita abbastanza spesso di sentire dire "prosperoso" come sinonimo di "ricco." Qui non si tratta di capire l’inglese ma di conoscere l’italiano, di sapere la differenza tra "prospero" e "prosperoso," tra "una nazione prospera" e "una balia prosperosa" (di quelle che ormai non esistono più se non nei vecchi romanzi e nei film storici).

    Il fatto strano è che siccome nella lingua inglese ci sono molte parole di una o due sillabe, un’imitazione dell’inglese dovrebbe portare a accorciare le parole italiane, non ad allungarle. Ma l’adozione delle forme pseudo-inglesi per questioni di prestigio si associa a un altro fatto: e cioè che sempre per ragioni di prestigio si preferisce la parola più lunga, soprattutto se in apparenza è un termine che suona più tecnico o scientifico. Il verbo che significa "chiarire" in inglese è to clarify; un po’ per ricalcare la forma inglese e un po’ per usare un termine in apparenza più dotto molti ora preferiscono "chiarificare" anche se si passa dalle tre sillabe di "chiarire" e di clarify a cinque — o forse proprio per questo.

    All’inglese specifically corrisponde l’italiano "specificamente," ossia "in modo specifico;" per qualche motivo che mi sfugge molti preferiscono dire "specificatamente" che pure esiste ma significa "in modo specificato" e quindi non è la stessa cosa di "specificamente."