Il tratto d’unione

    L’uso del tratto d’unione (hyphen) nelle parole derivate o composte è spesso fonte di incertezze. Si possono dare solo indicazioni di massima.

    Di solito viene usato:

    a) quando il primo componente è una -ing form:

    dining-room, swimming-pool, walking-stick, moving-van;

    b) quando il secondo componente è un participio passato (o un nome usato come tale):

    well-known, long-forgotten, blue-eyed;

    c) per unire due o più parole, soprattutto quando sono usate come attributo:

    a six-year-old child, two five-pound notes, a do-it-yourself kit, an au-pair girl, some forget-me-nots;

    d) nei derivati con i prefissi anti-, bi-, co-, counter-, de-, ex-, inter-, non-, post-, pre-, pro-, semi-, sub-, self-:

    anti-nuclear, counter-attack, non-belligerent, semi-detached (però bilingual, international, semicolon, ecc.);

    e) nei derivati o composti con nomi o aggettivi di nazionalità:

    un-American, Franco-Belgian, pro-German;

    f) nei composti con lettere dell’alfabeto:

    A-bomb, T-shirt, X-files, X-ray, pay-TV;

    g) in vocaboli come co-operation, per segnalare che le due vocali appartengono a sillabe diverse (cfr. cooper);

    h) in vocaboli come wall-less, per evitare la sequenza di tre consonanti uguali.

    La tendenza attuale è di scrivere uniti, senza trattino, molti vocaboli che una volta l’avevano, ossia ad esempio

    bathroom, bookcase, goodbye, granddaughter, weekend

    invece di

    bath-room, book-case, good-bye, grand-daughter, week-end.

    Nell’uso contemporaneo sono scomparsi to-day, to-morrow, to-night, sostituiti da today, tomorrow, tonight.